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Questo articolo fa parte della Sezione di Scritti a cura dei Dottorandi di Ricerca

"Teorie e scritture dell'architettura contemporanea" Vai  all'indice di tutti gli articoli  >>


Il seminario condotto da Antonino Saggio  ha inteso fornire uno spaccato critico su alcuni testi recenti di Teoria dell'architettura contemporanea e allo stesso aprire la riflessione sul rapporto tra teoria e pratica progettuale all'interno dell'attività dei partecipanti, A partire dal testo analizzato e commentato in ciascun articolo è presente un progetto architettonico che serve ad esemplificare, seppure parzialmente, alcuni nessi tra elaborazione teorica e ricerca progettuale di ciascun dottorando di ricerca.


Dottorato di Ricerca in

Composizione Architettonica (Teoria dell'architettura)

Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni – La Sapienza Roma

Direttore Lucio Barbera

 


Singolari montaggi e piegature multiple

di Luca Reale

 

John Rajchman,

Constructions,

 MIT Press, 1997, (pp.143)

 

             
 

 

A partire dal pensiero filosofico di Deleuze, John Rajchman intraprende un percorso concettuale in cui architettura e riflessione filosofica si intrecciano e si influenzano reciprocamente.

L’aspetto comune ai due campi è individuato nel partire entrambi dalla costruzione. Per Deleuze la filosofia è ‘attività di creazione di concetti’ (non è quindi contemplazione, né riflessione, né comunicazione) e si presenta di conseguenza come una forma di puro costruzionismo

 

Opera come montaggio

Rajchman mette subito in chiaro che la parola ‘decostruzione’ non fa parte del vocabolario di Deleuze, che fin dai suoi primi studi su Hume si pone piuttosto in una prospettiva empirica, fissando un legame tra filosofia come indagine e filosofia come costruzione.

Per il filosofo francese la costruzione è sempre possibile attraverso il montaggio, così come nel cinema. Alfred Hitchcock ad esempio è un ‘empirista’ in quanto costruisce il tempo cinematografico sulle relazioni prima che sugli individui che intrecciano tali relazioni. Jean Luc Godard si spinge oltre inventando un montaggio di ‘continuità irrazionali’.

Il discorso sul cinema coincide con il grande principio dell’estetica di Deleuze: un’opera d’arte è sempre un montaggio, una composizione. Tutto si riduce ad un problema di costruzione, di architettura: una pragmatica ed empirica questione di fronte a noi, in arte come in politica o nel pensiero. Per questo ‘l’architettura è la prima delle arti’ e con questa affermazione Deleuze tenta di superare definitivamente l’idea Kantiana per la quale l’architettura era invece l’arte più bassa, la meno ‘bella’ delle Belle Arti (perché la più legata agli interessi, l’arte in cui il genio è ostacolato, incapace di liberarsi).

 

  

          

       Padiglione della Germania,

       NEXT Biennale di Venezia, 2002

 

 

Opera come costruzione meccanica

Con il ritorno al pragmatismo il pensiero piuttosto che creare qualcosa dal nulla con il colpo di genio, tenta di aprirsi ad altri campi e costruire spazi liberi in un terreno pieno di vincoli: il filosofo diventa sperimentatore e il pensiero sperimentazione. Quest’idea si chiarisce in Nietzsche per il quale la società è un esperimento e non un contratto. E in questa fondamentale svolta dal genio alla pratica si pone Wittgenstein che riassume un momento di strana e quasi completa intersezione tra cultura filosofica e sapienza tecnica: il filosofo diventa un ‘meccanico dei concetti’. Nel ‘Tractatus’ proverà tuttavia a dimostrare come tale costruzione meccanica (l’opera, il pensiero filosofico), diventa interessante solo quando ‘gettiamo via la scala’, cioè quando la logica della stessa costruzione smette di parlare.

 

                                      

     

         Padiglione della Germania,

       NEXT Biennale di Venezia, 2002

 

 

Opera come costruzione-sensazione

Deleuze fa un passo ulteriore sul piano della logica della costruzione filosofica, confrontandola con il mondo delle immagini televisive e digitali. L’opera diventa la costruzione-sensazione di qualcosa di virtuale, impensabile, che non è rapportabile a nulla. Oggi l’opera d’arte - l’architettura in particolare - non si basa più su un codice autoreferenziato ma si esprime attraverso un diagramma informale, che aprendo altri spazi, non diminuisce il senso ma lo moltiplica, aumentando i livelli di complessità piuttosto che riducendoli. In tale astrazione non ci sono architetture che si riferiscono semplicemente alle regole interne della costruzione: l’architettura si pone piuttosto il problema di costruire spazi liberi senza regole o pianificazioni a priori. E’ una questione – per Deleuze – di ‘astrazione operativa’ (o attiva) che genera un’architettura incompleta e virtuale che tende sempre a rigenerarsi.

 

 

           

      Padiglione della Germania,

     NEXT Biennale di Venezia, 2002

 

 

Il piano di sviluppo urbano di Rebstock Park a Francoforte di Peter Eisenmann ne è un esempio. La piegatura è l’idea centrale del progetto, ma è anche la tecnica formale utilizzata, l’operazione compositiva. E’ una piegatura complessa che non riguarda solo la figura (come in un origami) ma interessa la struttura, che allo stesso tempo piega e si oppone al piegarsi.

Il tema della piega inserisce un altro termine importante, il multiplo: ciò che non solo è costituito da più parti, ma è anche piegato in molti modi. E’ un principio fondamentale in tutta la filosofia di Deleuze per il quale il multiplo viene sempre prima dell’uno: ciò che conta non sono le singole unità ma ciò che è ‘tra loro’ e le loro differenze. Nella stessa ottica Rajchman libera il concetto di leggerezza dalla sua tradizionale identificazione con l’immaterialità e la trasparenza. La leggerezza, non avendo più bisogno di contrapporsi alla terra, e  non essendo più colta nell’opposizione tra artificio e natura, può essere considerata parte di una nuova geologia resa possibile dalla ‘leggera astrazione degli assemblaggi’.

 

 

         

      Padiglione della Germania,

     NEXT Biennale di Venezia, 2002

 

 

I capitoli contenuti in questo testo (folding, lightness, abstraction, grounds, other geometries, future cities) sono quindi ognuno una piccola ‘costruzione’ e provano a creare nuovi percorsi e connessioni tra architettura e pensiero a partire dal domandarsi cosa significa introdurre questa idea di costruzione nella stessa arte del costruire, nella pratica  e nella cultura architettonica. Rajchman, individuando oggi nel ‘contestualismo’ e nel ‘collage’ due ostacoli alla nuova architettura, propone di mettere in pratica un’arte sperimentale di spazi singolari attraverso diagrammi informali che inseriscano ‘possibilità di indeterminatezza’ laddove una volta esistevano solamente possibilità definite. In questa ricerca architettonica e filosofica si possono scoprire momentanei punti di contatto trovando in alcuni casi persino un unico idioma non più appartenente ai linguaggi riconoscibili dell’una o dell’altra disciplina.

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      Progetto per Freedom Park a Pretoria, 2003

          (G. Pierluisi, L. Aliberti, E. Avallone, F. Marinelli, P. Mezzalama, L. Reale, A.L. Stella Richter)

 

 

Cosa è la libertà e come questa si definisce attraverso un succedersi di paesaggi che si definiscono fra gli estremi dell’oggetto architettonico e quelli del giardino o parco tematico.

A questa più o meno latente domanda il progetto ha cercato di dare una delle possibili risposte. Una risposta che ha come premessa la parzialità e come centro logico la soggettività e l’interpretazione personale, nello svolgersi del progetto.

L’operazione spaziale, simultaneamente architettonica, paesaggistica e simbolica, tenta di rendere il dato interpretativo, comunicazione logica di un concetto e sua definizione stabile in una forma.

 

     

        Progetto per Freedom Park a Pretoria, 2003

          (G. Pierluisi, L. Aliberti, E. Avallone, F. Marinelli, P. Mezzalama, L. Reale, A.L. Stella Richter)

 

La forma è l’eco e il condensarsi di una serie di culture diverse, in parte ascrivibili ai luoghi del progetto ed in parte derivanti dalla storia dei progettisti dalle loro interpretazioni formali di temi analoghi e al Freedom Park riferibili.

Ma tornando al quesito iniziale è libertà il poter partecipare ed aderire alla storia, i riti, i simboli di un paese, alla politica di uno o più popoli, da parte del singolo individuo in modo autonomo, potendo sempre e costantemente esprimere le proprie idee, anche se di minoranza, anche se in contrasto alla maggioranza.

La libertà come condizione di equilibrio instabile, quindi da curare e mantenere politicamente, come processo in continua evoluzione sulle esigenze, continuamente mutabili, dei popoli.

 

 

      

        Progetto per Freedom Park a Pretoria, 2003

           (G. Pierluisi, L. Aliberti, E. Avallone, F. Marinelli, P. Mezzalama, L. Reale, A.L. Stella Richter)

 

 


 

      lucareale@tiscali.it

 



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